Aldo

Famà

 

il dinamismo della linea

 

 

           

Aldo Famà, o dell’astrazione profonda, fantastica e geometrica. Con garbo, misura e intensità, il pittore e incisore triestino opera da più di quarant’anni a Trieste e altrove. Autodidatta in pittura e allievo, per quanto riguarda l’incisione, Aldo Famà, o dell’astrazione profonda, fantastica e geometrica.
Con garbo, misura e intensità, il pittore e incisore triestino opera da più di quarant’anni a Trieste e altrove. Autodidatta in pittura e allievo, per quanto riguarda l’incisione, di Carlo Pacifico (Milano 1891 – Trieste 1975), maestro fantasioso e appartato presso il quale si sono formati molti artisti triestini di notevole spessore, Famà ha al suo attivo numerose mostre personali in importanti città italiane e straniere. Di sangue dalmata e siciliano, la sua pittura prende avvio nella seconda metà degli anni Cinquanta con degli appunti veloci e incisivi, dedicati al paesaggio e condotti con la tecnica ad olio con piglio postimpressionista, ma già orientati verso un espressionismo vicino alla dinamica dei fauves.

Si tratta di una giovanile quanto efficace rappresentazione già sintetica ma ancora naturalistica del circostante. Basteranno però pochi aliti di vento, ed ecco Famà librarsi verso un infinito geometrico dalle forti ma più controllate contrapposizioni cromatiche, segniche e compositive di valenza prettamente simbolica, redatte secondo una personalissima scala di valori: il giallo, per esempio, a raffigurare la serenità, il rosso per descrivere i sentimenti più accesi, come la violenza e anche la gioia. Nelle notti silenziose Famà è andato componendo il proprio universo matematico e lirico insieme, iterando i simboli della libertà (gli aquiloni) e le linee che li legano insieme, anche oltre la tela, e raggiungendo degli esiti di astrazione materia che vanno pure al di là della tematica proposta dall’artista fino alla metà degli anni Novanta.

Progressivamente, operando come di consueto con chiarezza e assoluta pulizia formale, l’artista ha delicatamente frantumato le forme concluse, orientandosi verso un ideale dinamismo della linea alla ricerca di un più lontano “assoluto”. Nel condurre tale operazione di maturazione del proprio linguaggio, egli ha mantenuto però intatti alcuni parametri fondamentali del proprio operare.

Tra questi, una meditata progettualità dell’opera, che solitamente parte da uno schizzo essenziale, le cui coordinate vengono approfondite da successivi disegni e piccoli bozzetti ad olio, che preludono a loro volta all’opera di grandi dimensioni. L’attenta e laboriosa preparazione di campiture materiche, che, nell’ambito di un unico quadro, rappresentano un felice e rigoroso contrappunto in rapporto alle circostanti campiture lisce e uniformi. Ed infine lo sviluppo di un linguaggio cromatico elegante e luminoso, attraverso il quale Famà sottolinea ancora una volta con padronanza del ritmo compositivo, con equilibrio e rigore, la propria personale intuizione del rapporto tra opposti, che ha interessato a lungo il dibattito filosofico nel mondo classico mediterraneo, cui alla lontana egli appartiene per ragioni di sangue. E dal quale l’artista sembra trarre quella sorta di vivace atarassia, quell’inclinazione all’analisi interiore e cosmica e quella ricerca di equilibri che qualificano le sue opere e il suo temperamento.

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