Aldo

Famà

 

il dinamismo della linea

 

 

           

In occasione della mostra del maggio 2012 presso la Sala del Consiglio della Regione Friuli Venezia Giulia, il commento di Franca Marri.

 

Aldo Famà - Il Dinamismo della Linea

Il linguaggio astratto di Famà, per quale lo conosciamo noi oggi, è frutto di una lenta progressiva conquista, all’interno di un percorso lineare, preciso, coerente. Partito dal postimpressionismo della metà degli anni Cinquanta, che insieme al postcubismo caratterizzava il panorama pittorico di quegli anni anche in territorio triestino, egli giunge a confrontarsi con alcuni tra i maggiori artisti suoi conterranei quali ad esempio Luigi Spacal e Dino Predonzani, approdando infine ad un codice tutto suo, del tutto originale, assolutamente riconoscibile.

È l’arte della grafica che lo porta a sperimentare luoghi diversi, alternativi alla figurazione, incentrati sull’espressività del segno e della materia.
È il confronto con Spacal che lo porta a riflettere sull’idea di struttura compositiva e sull’idea di un’arte astratta capace di mantenere al tempo stesso profonde radici nel reale. L’allontanamento dalla pittura figurativa verso l’astratto avviene infatti in ottica cézanniana, vale a dire in direzione di una ricerca tesa a cogliere l’essenza delle cose, come pure dei sentimenti. Si tratta dunque di un’astrazione non fine a se stessa ma capace di eliminare il superfluo nella rappresentazione delle cose e nella trascrizione delle emozioni, per mantenere intatto il legame con la realtà, anche se si tratta di una realtà trasfigurata, semplificata, in un certo senso purificata.

A Spacal rimanda anche l’utilizzo di una materia pittorica concreta, densa di materia e di espressività, legata al paesaggio carsico, legata ad un concetto di aspra, non sempre facile, bellezza.

A Predonzani rimandano invece le campiture di colore piatto, intenso, che abbracciano le tinte fredde dei grigi e degli azzurri, per arrivare ai rossi accesi e vivaci dei piani dello sfondo, simili a sfondi teatrali. Nella pittura di Famà tali sfondi cominciano ad affiorare verso la fine degli anni settanta fino a rendersi dominanti a partire dagli anni ottanta. Ma ciò che può legare Famà a Predonzani è anche una dimensione sospesa, magica e surreale, in alcuni casi inquieta, derivante proprio da simili scelte-selezioni cromatiche oltre che da spinte dinamiche caratterizzate da accenti fortemente poetici.

Così dalle opere in cui la visione viene riassunta per frammenti, attraverso segni, materia e colore che si fondono e confondono tra loro, si giunge alle composizioni dove le sezioni cromatiche e quelle materiche si staccano e si distinguono a creare tra loro una chiara relazione dialettica. La giustapposizione degli elementi è concertata in modo tale da creare tra loro un confronto dinamico, inseguendo equilibri instabili, dando luogo a presenze inattese e scatti improvvisi.

Nelle opere degli ultimi anni, protagoniste di questa mostra e di questo catalogo, si può notare quindi un’ulteriore evoluzione del linguaggio pittorico di Famà. Ad uno sfondo solitamente contraddistinto da due tinte cromatiche piatte e uniformi, fa da contrappunto una sovrapposizione di forme colorate o materiche in cui la linea riveste un ruolo chiave: è infatti la linea ad imprimere il movimento all’opera che proprio attraverso il suo dinamismo assume una valenza narrativa. Raramente le due parti dello sfondo sono divise da una retta che potrebbe corrispondere ad una linea d’orizzonte; il più delle volte le due parti sono sfalsate quasi a suggerire piuttosto un davanti e un dietro, un prima e un dopo, un sopra e un sotto.
In questo senso lo spazio e il tempo sono dimensioni sempre presenti nella pittura astratta di Famà dove il legame con il reale viene ribadito sia dal titolo sia dalla costante presenza delle sezioni materiche. Queste ultime, a livello concettuale se non propriamente su quello formale, potrebbero ricordare i papiers collés di Picasso e Braque del cubismo sintetico: pezzi di carta (carta di giornale, carta da parati) incollati sulla tela per dare l’idea della materialità, per rendere evidente il legame persistente con la realtà.

E, per la verità, la carta, il cartone è stato pure un territorio di sperimentazione per l’artista, in una serie di lavori in cui ritroviamo le medesime geometrie delle pitture ma in un nuovo linguaggio, povero, concreto, ancor più ridotto all’essenziale, come risulta evidente anche dal titolo della maggior parte di esse: Tracce del tempo (1996), quasi a voler sottolineare l’intervento minimo, limitato dell’autore.
Ritornando alla pittura, le sezioni materiche di Famà che si alternano alle stesure di colore piatto e uniforme, appaiono come fissate da chiodi o bulloni a rendere con maggior forza la sensazione di ineludibilità, di inevitabile confronto. Un confronto giocato quindi sulla base dei colori, delle forme, degli sfondi e delle superfici, secondo un ritmo suggerito dalla linea, a narrare l’alternarsi di sensazioni ed emozioni, sentimenti vissuti o immaginati, spazi esistenti e luoghi interiori.

Ne emergono mondi diversi e atmosfere differenti: dai paesaggi che svelano il ricordo della ruvida attrazione del Carso, a quelli mediterranei che posseggono il calore e la luce accecante del sole; dalle arie di primavera che lasciano il posto a sere d’autunno, ai canti d’amore che cedono il passo a contemplazioni desolate: linee e colori capaci di creare sonorità, architetture, silenziose melodie.
Sono ricordi, pensieri, sogni sottilmente contraddittori, o esplicitamente paradossali come si può constatare in alcuni titoli – Radiografia dei sentimenti (2011), Sentimento del verticale (2010), Il respiro dell’infinito (2007) –; sono pensieri, ricordi o sogni sospinti nel vento e legati a fili che ricordano quelli degli aquiloni; talvolta lasciati liberi di vagare nello spazio come nella mente; in altri casi necessariamente sostenuti da bande nere che paiono poter rievocare le stampelle daliniane. Così accade ad esempio nelle opere Il vento dei ricordi (2010), Memoria delle forme (2008), Memorie dell’estate (2011) e La melodia del silenzio (2009).

Ciò che colpisce e affascina maggiormente nelle opere pittoriche di Famà è la compresenza di rigore geometrico e intonazione lirica. La sovrapposizione ad incastro o l’accostamento in successione dei diversi elementi assecondano modalità, tempi, pause sempre diversi, quali partiture musicali modulate per variazioni differenti, in senso sia ritmico sia architettonico. E laddove la struttura sta alla radice del pensiero, la linea sta alla base della melodia e della poesia: il tutto in un insieme semplice e complesso come in fondo può esserlo la vita stessa.

Franca Marri

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